Ricordare.

Chi ha mai pensato a quanto il corso degli eventi stia trasformando un semplice “verbo” all’idea di un “monito” costante?

Molte delle azioni che compiamo quotidianamente sono segnate dall’idea di uno specifico ricordo: ricordo di studiare per un esame, ricordo di mettere la benzina nell’auto per andare a lavoro.

Per altri fatti, invece, il ricordo si incatena sempre più con perfetti e precisi algoritmi che hanno il compito rievocare eventi delle nostre vite, in modo pressoché imperativo: tramite immagini, storie, filtri o comandi vocali.

Immaginate Omero invocare Alexa al posto della sua Musa ispiratrice, per non dimenticare di continuare la sua Odissea.

In molte circostanze, tuttavia, i ricordi hanno spesso segnato l’equivalente di energie interiori in grado di trasformare una storia in intrecci e destini e in grado di incidere su ciò che – addirittura – si immagina per il futuro.

Questo è quello che è accaduto al ricordo e alla figura del grande giurista Stefano Rodotà. Le sue azioni hanno, infatti, rappresentato il punto di partenza per la realizzazione di un volume che permettesse di dar parola a chiunque e che dimostrasse quanto fosse indispensabile ricordare (per rimodellare) idee e visioni, offrendo loro riconoscimento e dignità.

Il Valore della Carta dei Diritti di Internet – nome del Volume – curato da Laura Abba e Angelo Alù, raccoglie ben tredici contributi di giovanissimi in cui sono stati affrontati svariati temi, connessi ai quattordici articoli della Carta, non solo onorando l’immensa rilevanza del lavoro di Rodotà, ma garantendo un ponte di collegamento con i recenti sviluppi nel settore.

La peculiarità del Volume, inoltre, non sembra essere connessa solo alla forte identità riscontrata, ma anche al modus operandi di selezione degli autori coinvolti. Infatti, tramite una call pubblica, partecipativa e riferita principalmente alla nuova generazione di aspiranti giuristi di tutta Italia (come lo stesso Maestro avrebbe certamente voluto) sono stati selezionati, grazie ad un comitato scientifico, i migliori approfondimenti.

L’intervista ai curatori

Rosalia Russo, giovane appassionata e coautrice del volume, è riuscita -grazie ad un’intervista congiunta– a sollecitare e stimolare i due curatori, Laura Abba e Angelo Alù, per regalarci qualche curiosità e uno sguardo inedito a questa unica opera. Quindi scopriamo più da vicino anche il loro punto di vista…

  1. Fonte d’ispirazione del volume è stata certamente la figura del maestro Stefano Rodotà. Arturo Di Corinto, nella prefazione al libro, scrive di lui come “garantista” indiscusso dei diritti civili e come attivista per la libertà della Rete. Chi era Stefano Rodotà? In cosa il suo contributo è stato straordinario e lungimirante?

“Sicuramente Stefano Rodotà era un giurista con una visione pratica del diritto, credeva che fosse uno strumento di incidenza nella vita delle persone come approccio di studio che poi ha anche caratterizzato il suo impegno da esperto, non solo nell’intuizione teorica di esigenze di riforma e di cambiamento del quadro vigente, ma anche attraverso un impegno concreto che sul piano politico e istituzionale lo ha visto ricoprire cariche importanti a livello nazionale (esperienza da parlamentare e anche primo Garante Privacy italiano quando fu istituita questa autorità). Questa visione del diritto è anche auspicabile per le nuove generazioni affinché, oltre all’approccio teorico, siano in grado di attualizzare le nozioni che apprendono nel tempo; per cui Rodotà rappresenta sicuramente questo punto di riferimento, a volte anche mettendo in discussione lo status quo delle norme e delle discipline, stimolando dal basso dei cambiamenti di riforma, per poi assumersi una responsabilità istituzionale, sociale e politica di attuare ciò che si studia e si apprende in chiave sempre critica e costruttiva, con curiosità e con voglia di cambiare le regole del gioco.”

Angelo sorride e Rosalia incalza con le domande.

  1. Il 25 luglio 2018, si approda alla Dichiarazione dei Diritti in Internet grazie al lavoro di una Commissione, istituita presso la Camera dei deputati e guidata dal maestro Rodotà. Egli aveva immaginato la Dichiarazione come una sorta di “Bill of rights” di Internet, e cioè come una Carta di principi di alto livello. Secondo te questa visione ispiratrice è cambiata nel tempo? Qual è, oggi, il ruolo della Dichiarazione dei diritti in Internet?

“Beh, la Carta dei diritti ha rappresentato sicuramente l’ultima grande battaglia politica, giuridica e di riforma del maestro Rodotà ed è stata elaborata dalla Commissione per i diritti e i doveri relativi a Internet presso la Camera dei deputati. È stata anche l’ultima tappa evolutiva del pensiero del maestro nella regolazione del fenomeno di Internet. Nel suo percorso si è passati da una prima inziale qualificazione di Internet nella Costituzione italiana (fu il primo a proporre questo tipo di approccio nel 2010 quando parlava di modifica del 21-bis Cost.) come approccio più tradizionale, ad un approccio più da “soft law” nel riconoscimento di principi guida e fondanti il governo di Internet e nell’individuazione di coordinate che avrebbero dovuto orientare la regolamentazione degli organi nazionali e dei parlamenti.

Questa Carta avrebbe dovuto essere meglio recepita e formalizzata attraverso un impegno che il governo italiano aveva assunto sulla base di una mozione approvata dal Parlamento all’unanimità per renderla più cogente e pervasiva. Purtroppo, questo non è stato fatto e il processo ad oggi si è arrestato sulla centralità di questo testo. L’eredità da un punto di vista giuridico e politico resta invariata: sia come approccio regolatorio verso il mondo di Internet, e cioè come un’idea di soft law, sia in termini di riferimento transnazionale cui ricondurre le posizioni dei diversi Stati, per arrivare ad una Carta Internazionale come fonte di riferimento di queste linee guida.”

  1. Quando si parla di innovazione digitale, quasi inesorabilmente, si pone il problema del deficit regolatorio e del vulnus di tutela. Perché il diritto, nonostante sia lo strumento che riordina la realtà e la qualifica entro determinate categorie giuridiche, non riesce a seguire il passo della rivoluzione digitale? Come cambierebbe questo scenario se venisse introdotto, già a livello costituzionale, il riconoscimento del diritto di accesso ad Internet? (Così come lo stesso maestro Rodotà aveva proposto durante l’IGF del 2010).

“Io personalmente -afferma Angelo- non sono favorevole al riconoscimento in Costituzione del diritto di accesso ad Internet. E vedo, peraltro, nell’esempio della Carta, un cambiamento dello stesso pensiero del maestro Rodotà rispetto all’iniziale intento di costituzionalizzare il diritto di accesso. Quando lui lo propose, nel 2010, esisteva un ambiante digitale e un approccio di interesse a queste tematiche ancora molto embrionale minimo dunque, in quella sede, Rodotà leggendo ancora una volta le cose con molta lungimiranza, cercava di focalizzare l’attenzione e la sensibilità che all’epoca mancava. In seguito all’evoluzione di Internet, e a proposito del fatto che il diritto rincorre la tecnologia, secondo me nel suo stesso pensiero c’è stato un cambio di paradigma della regolamentazione: dalla Costituzione a un modello più ibrido e transnazionale di soft law, di principi generali ed elastici. Da un mio punto di vista, una costituzionalizzazione cambierebbe poco, se non nulla. Ogni riferimento alle tecnologie e al diritto di accesso sarebbe soltanto simbolico se non c’è la volontà politica di renderlo attuale.”

  1. C’è da riflettere molto sul (mancato intervento) del legislatore a riguardo. Nell’introduzione al libro si parla di dimensione bicefala dello spazio virtuale. Accanto ai suoi indiscutibili benefici esiste un “lato oscuro” che rischia di compromettere le garanzie e le tutele poste a presidio dei diritti della persona. Perché oggi, più di prima, si avverte questo timore? Dal punto di vista di studiosa del sistema Internet, sin dalle sue origini, in che modo ritieni che siano cambiate le regole della Rete?

“La natura bicefala l’abbiamo scoperta negli ultimi anni come conseguenza di una involuzione che, rispetto ai primi anni di sviluppo diInternet, è andata sempre più verso il soddisfacimento di interessi economici e imprenditoriali su cui si fonda il business attuale legato allo sfruttamento dei vantaggi del digitale rispetto ad un approccio più politico, sociale e culturale, fruibile da tutti.” Risponde Laura Abba.

“In un primo momento Internet aveva la possibilità di affermare dei valori e dei principi di apertura, di trasparenza, di sicurezza e di accessibilità con implicazioni più eque e inclusive. Quando, con le varie tappe di sviluppo e soprattutto a partire dagli anni 2000 con il Web 2.0, con i social network, con l’uso quotidiano di App, Smartphone, IA, si è arrivati ad un profitto di interessi economici sempre più grossi, la quantità e l’espansione di queste realtà imprenditoriali ha inevitabilmente comportato un’accentuazione di questi profili a discapito dei diritti delle persone. Quindi, da un lato, la mancanza di consapevolezza individuale, a causa dell’analfabetismo digitale per cui non si è capaci di riconoscere le insidie che questo sistema comporta, dall’altro, l’incapacità o l’impossibilità del legislatore di definire le regole del gioco su un piano politico e giuridico comportano un cortocircuito di deficit delle tutele della persona. Si parla, allora, di natura bicefala purché si continua a pensare con ottimismo a Internet e ai suoi indiscutibili benefici ma, nel contempo, ci si ritrova davanti ad una serie di insidie nuove (tracciamento, perdita di dati, ecc.).”

5. Ne parlerei ancora per ore, chissà in quanti ne sono davvero a conoscenza. Ma dobbiamo andare oltre e quindi vi chiedo, cari curatori, quali sono state le linee di metodo che hanno seguito gli autori nell’analisi della Governance di Internet e, quindi, nella stesura dei 14 contributi?

“L’approccio metodologico è stato quello di assicurare un’ampia partecipazione dal basso, in favore di chi decideva di farlo liberament. La call è stata aperta a tutti in conformità dei principi di inclusione e di partecipazione su cui si fonda la nostra visione di studio e di attivismo, stimolando in particolare la ricerca anche perché la futura governance della rete dipenderà dal livello tecnico degli attuali nativi digitali. Nel merito il volume ha avuto la fortuna di raccogliere la maggior parte degli articoli in cui si sostanzia la Dichiarazione dei diritti di Internet. Sono stati selezionati gli articoli di maggiore interesse giuridico e culturale. Da una semplice e iniziale idea di approfondire qualche profilo limitato della governance di Internet, secondo me è venuto fuori un lavoro che ha assicurato uno studio di ampio respiro, completo e aggiornato sugli attuali profili giuridici di Internet e che è andato bene anche a livello di richiesta e di diffusione.” Risponde Angelo Alù.

6. Che meraviglia, sono così emozionata al pensiero di aver potuto contribuire insieme a tanti altri brillanti ragazzi! Ma quale pensate sia il punto di forza di questo libro? Ritenete possa essere foriero di altre iniziative nel contesto nazionale? 

“Il punto di forza è stato certamente il fatto che nella letteratura di settore l’analisi di questa Carta non era molto diffusa. Già, quando si tratta di approfondire temi su cui non si trovano molti riferimenti, ciò suscita attenzione e interesse anche perché il lavoro è venuto fuori con una logica distribuita e partecipata e ciò ha assicurato un minimo di spinta decentrata e viralizzata per l’interesse diretto di chi ha preso parte al volume e ha contribuito alla sua diffusione. Questi sono i motivi per cui il volume è andato bene, ovviamente una garanzia ulteriore è stata la regia di ISOC Italia che riesce a veicolare in maniera ancora più efficace qualunque iniziativa.”

7. L’impegno del maestro Stefano Rodotà si è distinto anche per la sua sensibilità verso i diritti delle nuove generazioni. Come può essere promossa la partecipazione inclusiva dei giovani? Internet Society Italia come cerca di coinvolgere le più giovani delegazioni di attivisti?

“La direzione del volume è quella, anche l’incontro a Roma è stato dimostrazione che esiste questa volontà di coinvolgere i più giovani. L’obiettivo di ISOC, nel futuro immediato,” -precisa Laura Abba- “è quello di rendere ancora più incidente il contributo dei nativi digitali e di concentrare la propria attenzione sulle giovani delegazioni. Anche dopo il libro si è contribuito a fare ciò attraverso le esperienze di qualificazione che vengono offerte ai giovani, penso anche all’impegno della socia Veronica Piccolo che ha partecipato ad un programma internazionale confrontandosi con altri giovani ed estremamente qualificante. Ritengo che sia una strada dalla quale non si può più tornare indietro, in senso positivo ovviamente, e ne vedremo ancora delle belle sul piano delle azioni concrete!”

8. Cari curatori, siamo giunti al termine di questa interessantissima chiacchierata, perciò diteci in tre parole perché le persone devono leggere il libro?

“Ci hai messo in difficoltà, in tre parole è complicato! Di sicuro è un volume aggiornato, dedicato a una figura che non va dimenticata e che piuttosto deve essere sempre ricordata! Inoltre, è una delle poche volte in cui parlano direttamente dei giovanissimi, quindi sarebbe bello leggere il loro punto di vista. Tra gli autori ricordiamo, ad esempio, il contributo divulgativo della giovanissima Ludovica Fanella dedicato al diritto all’oblio e la prospettiva più tecnica di Giulia Cavallari legata all’approvazione del GDPR. Ma potremmo citare anche il tuo stesso approfondimento, cara Rosalia, sulla responsabilità civile dell’Internet Service Provider – purtroppo ancora poco approfondito tra i banchi universitari – visti i passi in avanti della stessa CGUE. Impensabile trascurare il diritto di accesso visto dalla prospettiva di Alessia Ciccarello che ne ha dedotto le varie implicazioni per sancire il concreto superamento del digital divide. Non dimentichiamo, poi, la rilevanza che assume oggi lo stesso diritto all’anonimato, trattato da Valeria Cantarella, soprattutto per via della sua complessa configurazione giuridica o, ancora, il tema della Governance della Rete trattato da due diversi, ma complementari punti di vista, grazie a Federica Giaquinta che ne ha tracciato le vicende in relazione ai dati pubblici e alla trasparenza amministrativa e a Erica Vaccaro che ne ha ricostruito, invece, le eterogenee prospettive di regolamentazione a livello di Governance. I contributi che potremmo citare sono ancora tantissimi e potremmo parlarne per ore, ma non ci sembra giusto costringervi a recensire con continui “Alert Spoiler”, è molto più intrigante acquistare direttamente il Volume!”

Grazie Angelo e Laura per il vostro ricchissimo punto di vista.

 

Ma non finisce qui! Vogliamo chiudere quest’articolo in bellezza e vi lanciamo la sfida di una nuova call -con il consueto approccio multistakeholder- per coinvolgervi nella pubblicazione di un altro volume, concentrato sulle sfide e sulle opportunità per l’innovazione del settore pubblico.

Noi di Generazione Y crediamo nel potere della condivisione e saremo felici di ricevere anche il tuo contributo!

 

Federica Giaquinta e Rosalia Russo