Da tempo si discute in merito al contante e al suo ruolo centrale nell’evasione. A causa dell’emergenza Covid19 si è ottenuta la spinta necessaria: l’evasione dell’IVA è un brutto ricordo e i nostri nonni, dopo intensivi corsi di alfabetizzazione digitale, evitano di maneggiare contanti veicolo del virus ed estraggono il loro smartphone come John Wayne nel vecchio west, pagando al volo la loro spesa nei negozi fisici. Sembra uno di quei sogni dal quale non vuoi svegliarti, ecco, tu che leggi, non lo fare, non svegliarti, perché la realtà è ben diversa.
Invero, negli appena trascorsi mesi di lockdown, l’impiego che il digitale avrebbe potuto avere in uno specifico ambito non si è avuto. Il male atavico dell’evasione nel nostro paese non è stato scalfito in alcun modo e il virus sui contanti circola liberamente, sebbene il digitale abbia assunto un ruolo chiave in tutti gli altri aspetti della vita di ogni singolo cittadino. Una scelta quasi obbligata e dettata da una situazione che per noi contemporanei è stata del tutto anomala. Molti auspicavano che ciò avvenisse senza la necessità di una pandemia globale, ma quest’ultima ci ha spinto con forza verso lo smartworking (o dovremmo purtroppo dire telelavoro), la DAD, il ricorso massiccio all’e-commerce; verso Spotify, che ha definitivamente sostituito gli stadi coi nostri cantanti preferiti, e infine verso gli incontri tra amici, ormai solo su Zoom… ma non verso il contante. Denaro e digitale sembrano due rette parallele destinate a non incontrarsi mai.
Così mentre dalla Cina sono arrivate le immagini delle banconote disinfettate dopo disposizioni governative, a Londra, potevi benissimo leggere degli avvisi che invitavano i cittadini a usare il più possibile i pagamenti contactless; a York, gli artisti di strada accettavano donazioni con GooglePay; e ad Amsterdam, i negozi olandesi rifiutavano il cash. In Italia, invece, si è assistito al solito immobilismo, sia da parte del privato, sia e soprattutto da parte del Pubblico: non un solo divieto delle autorità, non un solo avviso da parte dei negozianti.
1. Disinfettazione banconote Cina
2. Artista di strada a York
3. Bar ad Amsterdam
È d’obbligo dire che nell’ottobre del 2020, il cd. Governo Conte II ha conseguito un risultato notevole con l’approvazione del cashback di stato, misura contenuta nella legge 13 ottobre 2020, n. 126 che ha convertito il cd. Decreto agosto (idea la cui genesi peraltro affonda le sue radici in tempi precedenti rispetto al Marzo del 2020). Ma siamo sicuri che non sarebbe stato possibile fare meglio? Quali misure si sarebbero potute adottare? Certo, qui non si chiede di pagare col palmo della mano come prevede Amazon per il futuro, ma la misura più efficace, a ben vedere, sarebbe stata una e semplice: quella del divieto d’uso del contante.
Come ormai è noto il ricorso al contante alimenta due pericoli elevati ed immanenti: quello dell’evasione fiscale e quello della diffusione del Covid19. Infatti, come rivelato da uno studio del Commonwealth Scientific and Industrial Research (Csiro), il virus SARS-CoV-2 può sopravvivere su oggetti come banconote fino a 28 giorni. Per quanto attiene al secondo pericolo, si pensi solo al rapporto stilato nel 2018 dal Ministero dell’Economia e delle Finanze secondo il quale, nel Bel paese, l’evasione ammonta a 100 mld. Per rendere idea dei numeri, si pensi che in questi giorni nelle sedi istituzionali e non, si discute sull’opportunità o meno di far ricorso all’European stability mechanism per ottenere 37 Miliardi, quando basterebbe recuperare una delle diverse voci che costituiscono la suddetta cifra monstre: l’IVA, evasa per 35,6 miliardi.
Ora, per la prima problematica il governo ha, dopo lunghi dibattiti, partorito il cd. Cashback di stato (un po’ sulla falsa riga di quanto già accade con Satispay) e la cd. Lotteria degli scontrini; per la seconda tutto tace.
Si partirà dal 1° Dicembre con un avvio sperimentale di un cashback limitato al 10% di rimborso sulla spesa fatta con: carte di credito o debito, bonifici, ma saranno escluse le spese online. In ogni caso, gli auspicati benefici derivanti dalla ipotetica riduzione della circolazione del contante, non sono le misure immediate e drastiche che si richiedono. Del resto, l’adesione è del tutto volontaria e lo schema presentato dal ministero dell’Economia e delle finanze richiede una serie di passaggi e requisiti. Infatti i consumatori che vorranno aderire dovranno scaricare l’app IO (la stessa usata per il bonus vacanze), accedere mediante SPID, registrarsi al programma “Cashback” e associare al proprio codice fiscale le carte che si intendono usare per il programma (ci si può servire anche di banche o società che emettono carte di pagamento (issuer). Dovranno ancora comunicare l’Iban su cui si vuole ricevere il rimborso, compiere un numero minimo di operazioni a semestre inferiori a una certa somma e “venghino signori venghino”, si hanno anche dei premi, per i 100 mila più utilizzatori delle carte o per gli scontrini dei fortunati consumatori. E qui, bisogna fare menzione degli altri “passaggi” richiesti per la lotteria degli scontrini: registrarsi al programma, attendere che il sistema generi un QR CODE da consegnare agli esercenti per caricare la propria spesa, eccetera, eccetera, eccetera.
Insomma, una serie di lungaggini e complicazioni evitabili, che tra l’altro fanno presagire anche una serie di problematiche per la privacy, sia per la gestione dei dati da parte dei titolari, sia per l’inadeguatezza del livello di cybersicurezza della P.A che in passato ha purtroppo fornito casi emblematici. Tutto evitabile con l’abolizione del contante, ma l’opinione non è unanime: taluni potrebbero far notare che “è complicato abolire il contante”, oppure che “non possiamo avere la certezza che si avranno i benefici tanto sbandierati”. Ma spostiamo un attimo lo sguardo dalla nostra penisola e volgiamolo altrove… qual è la situazione nel paese che da tempo sta battendo il sentiero del cashless?
In Svezia, dal 2010 l’uso del contante è passato dal 40% al 10% ed entro il 2023 potrebbe sparire del tutto. Il viceministro dell’economia del governo svedese, intervistato dalla tv pubblica italiana, nel 2019 ha affermato che:
“Non è stata vissuta come un’imposizione calata dall’alto. Le banche hanno visto ridurre i propri costi e rischi, essendo diventate più efficienti, grazie alla riduzione del trasferimento e trasporto dei contanti…. è anche vero che si è registrato un aumento dei casi di frode e furto d’identità, tuttavia, la criminalità in generale ha visto una riduzione…. la maggior capacità delle autorità di monitorare i flussi di capitale, si è riverberata in una riduzione dell’evasione fiscale”
Fugato il dubbio sui benefici riscontrati dal paese scandinavo, i detrattori del cashless potrebbero addurre che anche se l’Italia decidesse di farlo, ciò non le sarebbe consentito avendo ceduto competenze fondamentali al fine della partecipazione al processo di integrazione sovranazionale.
Al riguardo occorre citare il giudizio dell’avvocato generale Giovanni Pitruzzella, il quale alla Corte di giustizia dell’Unione europea suggerisce di interpretare il diritto comunitario in senso di poter vietare, “per motivi di interesse pubblico”, il ricorso al cash. Secondo il parere dell’accademico italiano: “nell’UE gli Stati membri della moneta unica “possono, nell’esercizio di competenze diverse da quella riguardante la politica monetaria” e “a determinate condizioni”, porre limiti all’uso del denaro contante per i pagamenti. Motivo di interesse pubblico che allo stato attuale sembra ricorrere…
Tuttavia, lo stesso Pitruzzella ha sollevato l’eccezione delle eccezioni: un’attenzione alle persone considerate “vulnerabili”, ossia in difficoltà economiche e impossibilitate ad avere accesso ai servizi finanziari, che presuppongono altri costi. Per questa categoria di persone il contante costituisce la sola forma di moneta accessibile”, ed avendo la moneta una funzione sociale, è opinione dell’avvocato generale che “sussista un obbligo” di adottare misure idonee a permettere che persone vulnerabili che non hanno accesso ai servizi finanziari di base possano adempiere le loro obbligazioni (particolarmente se di natura pubblica, senza oneri aggiuntivi). Tuttavia, anche questo ostacolo può essere abbattuto e lo si può fare abbassando i costi dei servizi finanziari, sebbene occorra rammentare che oggi sono già disponibili nel mercato unico servizi finanziari totalmente gratuiti offerte da banche online.
Un’ultima precisazione va fatta sullo stato di alfabetizzazione digitale degli Italiani, necessaria per l’uso degli strumenti digitali per i pagamenti di cui trattasi. Anzitutto, non è affatto detto che l’unico strumento elettronico da utilizzare debba necessariamente essere lo smartphone, a volte di difficile uso per gli over 60-70. Proprio per queste categorie si può pensare a strumenti più agevoli e ad un supporto costante, per evitare loro di incorrere in diverse problematiche. Sono proprio questi i soggetti che versano in uno stato di analfabetizzazione digitale, stato che causa altresì già oggi la loro esclusione da alcuni servizi essenziali della pubblica amministrazione che di fatto, limitano l’esercizio dei diritti corollari della titolarità della cittadinanza. In secondo luogo, l’83% degli italiani possiede uno smartphone, il problema quindi non è di accesso agli strumenti ma dell’uso che si fa di questi. In conclusione dunque se limitassimo quasi del tutto, o addirittura abolissimo, l’uso del contante, avremmo meno gap (su molti fronti) con gli altri paesi, meno evasione fiscale e soprattutto in questo momento, meno contagi. Cosa aspettiamo?
Salvatore Giannitto
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